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Lo strumento è composto di un recipiente di vetro dalla forma sferica con una prominenza in cui è innestato un rubinetto per il collegamento alla pompa a vuoto. Ad un lato del globo di vetro è Inoltre sistemato un elettrodo per il collegamento alla macchina elettrostatica. All’altro lato del globo è presente un’apertura nella quale si può inserire un elettrodo simile. Lo strumento in questioneè uno dei tanti esempi di ‘aurora tube’ o ‘aurora flask’, meglio detto Tubo di aurora elettrica. Il nome è dovuto all’idea settecentesca che il fenomeno dell’aurora boreale potesse essere prodotto da scariche elettriche in aria rarefatta. L’idea suggestionò a lungo gli scienziati ed i costruttori di strumenti. A riprova di ciò si può osservare che ogni laboratorio scientifico dell’Ottocento disponeva di più tubi per l’aurora elettrica, cangianti per la forma del contenitore di vetro e per la disposizione degli elettrodi, ma tutti ugualmente tesi a realizzare l’effetto luminoso della scarica elettrica in un vuoto parziale. L’apparecchio deve essere collegato ad una pompa pneumatica, che realizza una situazione di vuoto abbastanza spinto nel contenitore di vetro, e ad un generatore elettrico, normalmente un rocchetto di Ruhmkorff, per ottenerne delle scariche. Con un solo elettrodo il circuito si chiuderebbe attraverso il vetro e l’aria atmosferica, non perfettamente isolanti. Le scariche elettriche producono allora effetti luminosi analoghi a quelli osservati nelle aurore boreali. Se fatto funzionare con entrambi gli elettrodi lo strumento si presterebbe a misurazioni quantitative oltre che qualitative della scarica elettrica a basse pressioni.

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