Questo dispositivo, interamente sviluppato presso il Laboratorio di Elettronica del Dipartimento di Matematica e Fisica di Lecce, è riprodotto in 154 esemplari, impiegati in ARGO-YBJ, un esperimento di fisica astroparticellare in corso (dal 2002 con progetti a lungo termine) presso il YanBaJing Cosmic Ray Laboratory in Tibet (Cina), a 4300 m sul livello del mare. 
Tale sistema in corrispondenza di un “evento” relativo all’arrivo di un certo numero di particelle di origine cosmica su un rivelatore costituito da 12 moduli di RPC (Resistive Plate Counter) genera uno specifico segnale (trigger) e lo trasmette ad un’unità centrale. L’unità centrale raccoglie i segnali provenienti da tutte le 154 Local Station dell’intero rivelatore ed in base ad opportuni criteri di selezione stabilisce se l’evento è significativo o meno. Se l’evento viene accettato si comanda a tutte le Local Station di trasferire verso l’unità centrale i dati raccolti, relativi alle posizioni ed ai tempi di arrivo delle particelle sul rivelatore, per la successiva memorizzazione. Nell’insieme tutte le Local Station acquisiscono circa 150000 segnali di posizione e di tempo di arrivo da tutti gli RPC, con una precisione dell’ordine del miliardesimo di secondo.

L’esperimento ARGO-YBJ è una collaborazione tra istituzioni italiane e cinesi e, in particolare, per la parte italiana è stato finanziato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che partecipa con le sezioni di Lecce, Napoli, Padova, Pavia, Roma 2, Roma3 e Torino. La parte cinese coinvolge le università di Pechino, Jinan, Chendou, Kumming, Henan e Lhasa e fa capo all’Accademia Cinese delle Scienze. Il rivelatore dell’esperimento è costituito complessivamente da circa 2000 RPC di 2.8m×1.25m e copre in totale una superficie di 10000 m2, approssimativamente uguale a quella di un campo di calcio. ARGO-YBJ rappresenta attualmente l’esperimento più grande e più alto del mondo, nel campo della fisica astroparticellare. L’obiettivo di questo esperimento è lo studio della radiazione di origine cosmica, principalmente raggi gamma. L’astronomia tradizionale studia il cosmo attraverso la luce visibile, tuttavia questa radiazione costituisce una porzione molto limitata dell’intero spettro della radiazione elettromagnetica. Negli ultimi anni sono state estese le osservazioni astronomiche sia verso le lunghezze d’onda maggiori, come nel caso della radioastronomia, che minori.

I raggi gamma rappresentano la parte più estrema dello spettro e rappresentano radiazione elettromagnetica a lunghezze d’onda centomila volte inferiori di quelle della luce visibile. Questa radiazione, di elevato contenuto energetico, viene fortemente attenuata dall’atmosfera della Terra.
Pertanto, la rivelazione dei raggi gamma viene fatta in maniera indiretta osservando lo “sciame” di particelle che si genera nella loro interazione con la parte alta dell’atmosfera. Lo sciame così prodotto può investire un’area di pochi metri quadri, ma si può anche estendere su migliaia di metri quadri e contare molte migliaia di particelle. Attraverso la misura dei tempi di arrivo e delle posizioni di tutte queste particelle è possibile ricostruire con una buona precisione la direzione di provenienza dei raggi gamma e stimarne l’energia. La radiazione gamma è prodotta da sorgenti cosmiche sia interne che esterne alla nostra galassia, ancora poco conosciute, quali supernove, stelle di neutroni o buchi neri. Tra gli obiettivi dell’esperimento ARGO-YBJ rientra inoltre lo studio dei gamma ray burst, ossia lampi di raggi gamma ad altissima intensità concentrati in pochi minuti, prodotti in galassie lontanissime. L’origine dei gamma ray burst, è ancora ignota e i modelli attualmente allo studio attribuiscono questi fenomeni al collasso di stelle di grande massa o la fusione di due stelle di neutroni.
Grazie alle caratteristiche del suo rivelatore, l’esperimento ARGO-YBJ ha le potenzialità per aprire una nuova finestra di osservazione, per molti versi unica, sugli aspetti più estremi della natura dell’Universo.