L’osservazione del cielo si può già fare con quel meraviglioso apparato che è l’occhio umano, così hanno fatto i nostri antenati. Oggi gli astronomi hanno a disposizione strumenti di osservazione che amplificano enormemente le capacità dell’occhio e permettono di scandagliare il cielo più a fondo per scoprirne i segreti. Quella che possiamo chiamare Astronomia diventa Astrofisica nel momento in cui l’uomo inizia ad interpretare le osservazioni sulla base delle conoscenze che derivavano dalla evoluzione, sperimentale e teorica, della Fisica . Il Dipartimento di Matematica e Fisica di Lecce opera sia attraverso l’osservazione del cielo, da terra e dallo spazio, sia sviluppando modelli teorici in grado di dare un senso ai fenomeni.
La luce visibile che ci arriva dagli oggetti che popolano il Cosmo, ci fa vedere solo una piccola parte della realtà fisica. Altri tipi di radiazioni ci mostrano oggetti molto diversi dal nostro Sole. Non si tratta di stelle normali come il Sole ma di oggetti molto più diffusi e freddi, come le nubi interstellari che si osservano nell’infrarosso (IR), oppure di oggetti molto più compatti e caldi come le stelle evolute, i buchi neri o i nuclei delle galassie. Questi si studiano osservando la loro radiazione di alta energia (cosiddetta luce UV, raggi X e raggi Gamma).
Lo strumento che qui si presenta è stato costruito per l’osservazione della luce IR raccolta dal telescopio Copernico dell’Osservatorio Astrofisico di Asiago (Cima Ekar). L’obiettivo che questo strumento si proponeva era quello di studiare la formazione delle stelle a partire dalle nubi interstellari di gas diffuso.
La possibilità di osservare il cielo in luce IR è stata colta dagli astronomi alla fine degli anni ’70, quando la tecnologia militare aveva già sviluppato i rivelatori di radiazione IR per “vedere nel buio“. Fin dai primi anni ’80, quando l’astronomia IR in Italia era pressocchè sconosciuta, il Dipartimento di Matematica e Fisica di Lecce si è impegnato in una collaborazione con il CNR e l’Osservatorio di Asiago per realizzare un Fotometro IR in grado di “vedere” la luce di sorgenti celesti a lunghezze d’onda comprese tra 1 micron e 5 micron. Questo particolare tipo di radiazione è stata scelta perché, a queste lunghezze d’onda, l’atmosfera terrestre è sufficientemente trasparente da permettere la visione nitida del cielo.
Il fotometro che presentiamo è stato realizzato a partire dal 1982 e successivamente usato al telescopio dell’Osservatorio di Asiago dove ha funzionato con successo dal 1982 al 1988 rendendo possibili una serie di osservazioni originali sugli ambienti intorno alle stelle giovani. In queste regioni si possono osservare i fenomeni che accompagnano la formazione delle stelle e dei loro eventuali sistemi planetari, osservazioni che sono state poi pubblicate sulle maggiori riviste scientifiche dedicate all’astrofisica.
Lo strumento è costituito da una parte ottica che ha lo scopo di incanalare e filtrare la luce raccolta dal telescopio per poi mandarla sul rivelatore IR che ha una funzione analoga a quella della retina del nostro occhio. Il rivelatore produce una debolissima corrente che per essere registrata richiede una particolare elettronica a basso rumore.
Nei primi anni ’80 la tecnologia IR produceva singoli rivelatori e per esplorare una piccola regione del cielo era necessario spostare il telescopio su più punti per poi ricostruire una mappa dell’emissione. Oggi queste limitazioni sono state superate sia con l’adozione di rivelatori IR molto simili ai normali CCD usati negli apparecchi fotografici digitali, sia con l’uso di telescopi maggiori, in particolare quelli dell’ESO collocati in Cile.
L’atmosfera della Terra è trasparente alla luce visibile, ad alcune radiazioni IR ed alle onde radio. Quando osserviamo a queste lunghezze d’onda, il cielo ci mostra la Via Lattea (la nostra Galassia) ricca di nubi interstellari all’interno delle quali si formano le nuove stelle a partire proprio dal materiale (gas e polveri interstellari) di cui sono fatte queste nubi.
Il cielo infrarosso è una fonte di continue sorprese che riguardano anche il nostro Sistema Solare: comete, asteroidi, superfici planetarie, essendo oggetti più freddi delle stelle, emettono la maggior parte della loro luce come radiazione IR e rivelano meglio la loro natura e costituzione a queste lunghezze d’onda.
Un’ultima nota riguarda le osservazioni IR dell’universo extragalattico. Queste ci mostrano come le galassie lontane producono nuove stelle in modo molto simile alla nostra Via Lattea suggerendo che le stelle hanno rappresentato il “motore” che ha governato l’evoluzione delle galassie fin dalla loro origine.